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la cimice e il pirata

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 Questa volta Due giorni e due notti, nessuna azione significativa, nessun avvenimento che disturba il percorso normale e quotidianamente noioso del giorno. Eppure anche in questa assenza, mancanza, vuoto, il lettore è catturato, assorbito, cooptato. Il segreto di questa capacità attrattiva sta nella struttura della scrittura. È un monologo interiore, continuo, ininterrotto, non alterato neppure quando ci sono interlocutori, perché anche nell’ascolto dell’interlocutore il monologo continua. È evidente che il punto di vista è univoco, cioè quello di Hassinu. Tutto gravita intorno alla capacità di percezione del personaggio protagonista, anzi unico personaggio che rivela tutto il suo io in questo continuo incessante denudamento del suo pensiero, del suo io. In questo monologo gli aspetti preminenti sono dati da ricordi di fatti passati, rievocati come qualcosa di straordinario, e dalla nostalgia di un amore perduto e indimenticabile. Ingredienti semplici ma che assumono valore di significanza per una vita monotona, qual è quella che svolge Hassinu.
Fa da contrasto in questa dimensione di dialogo interiore il dualismo che si confronta, confligge, convive e risiede in una immanenza di religiosità, vissuta come routine necessaria ma continua, ininterrotta e puntuale nei rituali liturgici islamici, con la libertà di espressione interiore carica di riferimenti alla sfera sessuale ed erotica. Questa non è percepita come un peccato, come qualcosa da cui rifuggire o di cui pentirsi. Si pecca quando si è falsi, quando si umilia l’altra persona, quando la si inganna non quando si è posseduti da una attrazione sessuale.
In questa dimensione di svelamento della inconcludenza della propria vita scandita da un lato dalla preghiera ricorrente e dall’altra dalla pulsione sessuale, arriva la crisi della consapevolezza di aver trascorso una vita senza significato, di essere vicino alle soglie della vecchiaia senza aver fatto alcunché di importante. Aver fatto una vita del “c…” (Shkuppi). Forse ciò può condurre alla salvezza, alla conquista del paradiso islamico, ma provoca tristezza infinita, che può anche portare alla pazzia; condizione di autodifesa perché il folle, il bambino e il dormiente sono intoccabili. L’organizzazione linguistica è fatta quasi tutta di monofrasi. Espediente che rende più dinamico l’aspetto del monologo e lo fissa e lo rende più leggibile perché fra un pensiero sul nascere, fra un pensiero che si manifesta ed un altro che sopraggiunge esiste pur sempre una millimetrica pausa che in questo caso l’interpunzione registra e codifica.

 

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